Giacobbe Giusti, Roman statues of runners found at Herculaneum
https://it.wikipedia.org/wiki/Villa_dei_Papiri
http://www.GiacobbeGiusti.com
Giacobbe Giusti, Roman statues of runners found at Herculaneum
https://it.wikipedia.org/wiki/Villa_dei_Papiri
http://www.GiacobbeGiusti.com
Giacobbe Giusti, Power and Pathos at the Getty Museum
http://www.artribune.com/2015/08/scultura-classica-e-poesia-italiane-si-incontrano-a-los-angeles-gabriele-tinti-protagonista-al-getty-museum-e-allistituto-italiano-di-cultura-ecco-le-immagini/il-pugile-a-riposo-esposto-nella-mostra-power-and-pathos-al-getty-museum/
http://www.giacobbegiusti.com
Giacobbe Giusti, Panagyurishte Treasure
The Panagyurishte Treasure (Bulgarian: Панагюрско златно съкровище) is a Thracian treasure excavated on December 8, 1949 by three brothers, Pavel, Petko and Michail Deikov who worked together at the region of “Merul” tile factory near the town of Panagyurishte, Bulgaria. It consists of a phiale, an amphora and seven rhytons with total weight of 6.164 kg of 24-karat gold. All of the objects are richly and skilfully decorated with scenes of Thracian myths, customs and life. It is dated from the 4th-3rd centuries BC, and is thought to have been used as a royal ceremonial set by the Thracian king Seuthes III. As one of the best known surviving artifacts of Thracian culture, the treasure has been displayed at various museums around the world. When not on a tour, the treasure is the centerpiece of the Thracian art collection of the National Museum of History in Sofia.
The items may have been buried to hide them during 4th century BC invasions of the area by the Celts or Macedonians. The phiale carries inscriptions giving its weight in Greek drachmae and Persian darics.
https://en.wikipedia.org/wiki/Panagyurishte_Treasure
Il Tesoro di Panagjurište è un corredo tracio rinvenuto dai tre fratelli bulgari Pavel, Petko e Michail Deikovs l’8 dicembre 1949, nei pressi della cittadina di Panagjurište, nella Bulgaria nord-occidentale[1].
Il tesoro consiste di sette rhyta, un’anfora ed una phiale tutti in oro a 23 carati, per un totale di 6,164 kg. Probabilmente vennero eseguiti da artisti traci nei pressi di Lampsaco, dal momento che sulla phiale c’è una misura usata in quella città, e risalirebbero al IV-III secolo a.C.[2] Vista la fattura, probabilmente appartennero ad un re odrisio, forse a Seute III.
Il tesoro è uno dei massimi esempi di oreficeria tracia e probabilmente venne sepolto all’arrivo dei Celti, nei primi decenni del III secolo a.C. La lavorazione è una combinazione di stile greco e tracio, e fu molto probabilmente una commissione, in quanto i Greci non facevano uso di rhyta con simili caratteristiche, bensì i Traci[3].
I vari pezzi aurei sono[4] tre rhyta (contenitori per versare liquidi, in particolare vino) a forma di teste di donna (o Amazzoni oppure le dee Era, Artemide ed Atena, con la testa elmata) con lievi differenze e manico terminante in sfinge, alti 20,5, 21,5 e 22,5 cm, per un diametro massimo di 12,5, 13,5, 10,5 cm e pesanti rispettivamente 387, 461 e 467 grammi; ci sono altri quattro rhyta (in questo caso con la funzione di recipienti per bere): due a forma di testa di cervo (alti 12,5 cm e pesanti 689 grammi circa), uno di testa di ariete (alto 12,5 cm e pesante 505 grammi) ed uno, senza manico, di corpo di capra (alto 14 cm e pesante 440 grammi). La phiale (un grande recipiente di uso cerimoniale) ha un diametro di 25 cm, pesa 845 grammi ed ha quattro cerchi di 24 figure ciascuno: gli ultimi tre composti da teste di etiopi e quello interno composto da ghiande; al centro vi è un umbone ed è recato il valore dell’oggetto: 200 stateri, ½ dracma e 1 obolo di Lampsaco. L’anfora ha un’altezza di 29 cm per un peso di 1,69 kg, e raffigura una scena di battaglia; i due manici sono a forma di centauri.
Quando non è esposto in mostre all’estero, il tesoro si trova nel Museo Archeologico Nazionale di Sofia; in precedenza era conservato a Plovdiv.
[
Rhyton a testa di daino con scene delle gesta eroiche di Ercole e Teseo.
(# di inventario 3198, Museo di Plovdiv, 689 g, 13 cm di altezza)
La parte superiore del manico è in foggia di leone che appoggia le zampe anteriori sul bordo della bocca del vaso, cesellata con una banda di piccoli scudi; la parte inferiore termina con un volto femminile. Lo stelo è scanalato verticalmente Ercole è rappresentato con la pelle del Leone Nemeo sulle spalle (ucciso nella prima delle “dodici fatiche”) mentre lotta con la cerva Cerinea dalle corna d’oro (catturata della quarta delle sue “fatiche”), mandata da Artemide per punire il popolo dell’Arcadia. Inseguendo l’animale, l’eroe attraversò la Tracia e giunse sino alla terra degli Iperborei, alle sorgenti del fiume Istros (Danubio).Teseo è rappresentato con una clamys sventolante e con al fianco la sua spada, mentre lotta con il toro di Maratona.
Rhyton a testa di cervo con la scena del Giudizio di Paride.
(# di inventario 3197, Museo di Plovdiv, 674,6 g, 13,5 cm di altezza)
La forma complessiva è simile al rhyton 3198, ma con differenze importanti. Lo stelo del manico è cesellato in sei timpani decorati con modanature convesso-concave (cyma reversa). Il collo della testa di donna alla base del manico si fonde con la gola dell’animale. I dettagli sono eseguiti con estrema precisione; le corna e le orecchie del cervo sono state modellate separatamente e poi saldate. La scena è composta da Hera, seduta sul trono decorato in postura regale, in posizione centrale, Atena, con elmo e scudo e Afrodite con un elegante himation ricamato a motivi triangolari puntati, siedono ai due lati. Entrambe portano collane con pendente centrale. Paride (Alexander è il nome scritto a sinistra della testa), vestito come un pastore, siede su una roccia e tiene nella mano sinistra il bastone, il braccio destro alzato per proclamare il verdetto. Le dee fissano Paride nell’attesa del giudizio su chi di loro è la più bella. I nomi delle dee sono scritti con lettere puntate a lato del capo.
Brocca rhytonizzata in forma della testa della dea Hera
(# di inventario 3200, Museo di Plovdiv, 460,75 g, 21,5 cm di altezza)
Il boccale fa parte dello stesso set dei due rhyton precedenti, ma lo stile lo fa porre come opera di un diverso orafo. Il manico ha sezione rettangolare ed è sormontato da una sfinge dotata di ali finemente cesellate che indossa collana e orecchini. Il collo della dea porta una collana con pendenti a goccia e un elemento centrale in foggia di testa di leone con la bocca forata, per consentire la mescita del vino. I capelli sono pettinati all’indietro e fasciati da un fazzoletto (kekriphalos) [5] annodato sulla fronte, ricamato con motivi triangolari puntati e stelle a cinque, sei e sette raggi e un motivo ondulato ad onde marine alla base. Sul lobo dell’orecchio sinistro è chiaramente visibile il segno in rilievo di un foro, ma non ci sono orecchini. Il volto è rimasto parzialmente schiacciato durante il recupero.
Brocca rhytonizzata in forma della testa della dea Atena
(# di inventario 3202, Museo di Plovdiv, 387,3 g, 20,5 cm di altezza)
La dea indossa un elmo in foggia di tiara riccamente decorato con due grifoni e due gruppi complessi di palmette in posizione centrale, in mezzo alla fronte. Anche in questo boccale il manico ha sezione rettangolare e la sfinge è praticamente identica a quella di Hera. La collana reca un pendente con foro centrale per la mescita. Gli occhi appaiono cavi, e si può solo apprezzare il profilo dell’iride, dal momento che il materiale usato per la costruzione (probabilmente pasta vetrosa) non si è conservato. È da notare come tra le decorazioni della tomba del re Odriso Seuthes III (scoperta nella regione di Kazanlak, nella cosiddetta “Valle dei Re”), appaia una rappresentazione di Atena molto simile a questa; la somiglianza ha fatto supporre che il tesoro appartenesse a questo sovrano. Il volto e la base sono rimasti parzialmente schiacciati durante il recupero.
Brocca rhytonizzata in forma della testa della dea Afrodite
(# di inventario 3201, Museo di Plovdiv, 466,3 g, 21,5 cm di altezza)
È complessivamente molto simile al rhyton di Hera, ma realizzato con dettagli diversi. Il fazzoletto che lega i capelli (kekryphalos) è molto più decorato con gruppi di punti e stelle a sei, sette, otto, dieci e undici raggi, in alcuni punti inscritte in una circonferenza di punti; anche in questo caso presenta un motivo ondulato ad onde marine alla base. Decorazioni praticamente identiche sono state osservate sulla tiara d’oro reperita nella tomba di una principessa Tracia della tribù dei Tribali (tumulo di Mogilanska presso Vraza)[6] datata al 4° secolo AC. La collana presenta due ordini di pendenti alternati di lunghezza diversa, i più piccoli a forma di cuore, i più grandi di goccia rovesciata. Il pendente centrale forato per la mescita è anche in questo caso, a foggia di testa di leone, ma il profilo della bocca sembra accennare ad un sorriso. Le ali della sfinge sono parzialmente spezzate nella parte superiore, ma è l’unico danno riportato durante il recupero.
Phiale decorato con volti di fattezze etiopi.
(# di inventario 3204, Museo di Plovdiv, 844,7 g, 25 cm di diametro)
Presenta un centro concavo (onfalos), saldato al vaso con un anello d’oro circondato da cinque corone di decorazioni di grandezza crescente. All’interno dell’onfalos c’è una scritta reca il nome della città di Lapsakos, probabilmente la città dove venne cesellato. La prima corona è costituita da dodici rosette, la seconda da 24 ghiande, le successive da 24 teste con tratti etiopi, di grandezza crescente, tutte intercalate da decori a palmette. Il bordo è introflesso, rendendo l’uso del vaso per bere direttamente piuttosto difficile. Secondo i greci, il termine etiopi indicava gli abitanti della parte più meridionale del mondo conosciuto (oikoumene), identificabile come Nord Africa. Nei pressi di Nesebar è stato rinvenuto un frammento di un vaso a figure nere rappresentante la testa di un etiope. La presenza di etiopi in Tracia non deve stupire. Nel poema epico Etiopide, che racconta le vicende della guerra di Troia tra la morte di Ettore e la disputa per le armi di Achille tra Aiace Telamonio e Odisseo, si narra di un contingente di guerrieri etiopi guidati da Memnone, giunti in soccorso dei troiani. Il poema (perduto e noto solo per riassunti posteriori) si stima sia stato composto nel VII secolo AC.
Anfora rhytonizzata con manici in foggia di centauri
(# di inventario 3203, Museo di Plovdiv, 1695,25 g, 29 cm di altezza)
È il vaso più spettacolare del tesoro e non solo per il suo peso. L’intera superficie del corpo ovoidale è decorata da sette figure maschili tra due bande di motivi floreali. Il collo del vaso, più affusolato, è stato saldato separatamente e la saldatura coperta con una cyma Ionica (modanatura convessa); termina con un bordo estroflesso. I manici rappresentano due centauri con le braccia nella posizione di tendere l’arco. Un rhyton d’argento con manici in foggia di centauri è stato ritrovato vicino al villaggio di Topolchane, Sliven, nel 2007. Il corpo dell’anfora è completamente decorato con una scena costituita da sette figure. La prima figura è quella di un vecchio barbuto che esamina il fegato di un animale per predire il futuro ed è guardato, alla sua sinistra, da un giovane che indossa un mantello allacciato sul petto (chlamys), una corta spada ricurva (sica supina) e ha la mano sinistra su di un bastone. È la figura centrale ed è la sola ad essere rappresentata con le calzature; queste sono stivaletti bassi senza risvolto che salgono poco sopra la caviglia e serrati da un laccio (endromides, letteralmente “da corsa”), tipiche calzature di Traci e Sciti [7] . Esichio di Alessandria nel suo immenso Glossario (Γλώσσαι) le definisce come “calzature adatte agli atleti”; Polluce conferma l’etimologia [8] e aggiunge che sono quelle più spesso calzate da Artemide, riprendendo un passo di Callimaco di Cirene che fa dire alla dea” Voglio dei servi che si prendano cura delle mie endromides e dei miei veloci cani”.[9] Alla sua sinistra, girato di spalle, un araldo suona il corno per chiama quattro guerrieri all’attacco. Uno di questi è di fronte ad una porta e, spada in pugno, sta spingendo uno dei battenti, nello spazio tra i battenti si vedono le mani e la testa di un vecchio barbuto e disarmato. Vi sono diverse ipotesi sul significato della scena: la più diffusa è che rappresenti il mito dei “Sette contro Tebe”, tragedia di Eschilo del ciclo tebano. La parte inferiore dell’anfora reca il bassorilievo di un Sileno barbuto che reca in una mano un flauto a due canne e nell’altra una coppa (cantaros) che si spinge sino ad uno delle due simmetriche bocche di mescita, costituite dalle teste di due etiopi. Sull’altro lato del fondo dell’anfora è rappresentato il giovane Ercole che strangola i serpenti inviati da Hera.
Rhyton con protome di capro
(# di inventario 3196, Museo di Plovdiv, 439,05 g, 14 cm di altezza)
Questo rhyton differisce da quelli della collezione in quanto non ha il manico e oltre la metà del corpo dell’animale è liscio e privo di decorazioni. L’ugello di mescita è tronco conico; le decorazioni della bocca del vaso sono molto simili a quelle delle brocche ritonate. Lo stile delle figure e le scritte dei nomi dei personaggi sono anch’esse dello stesso tipo ma, diversamente dal rhyton con il giudizio di Paride, il nome di Hera finisce con E invece che con A. La testa dell’animale con parte del collo, le corna, le orecchie e la parte anteriore delle zampe sono state cesellate separatamente. Diversamente dagli altri rhyta, gli occhi sono modellati nell’oro, con bulbi oculari e pupille concave. Hera è al centro della scena, seduta su di un trono, con i piedi appoggiati su di uno sgabello. Con la mano destra mesce una libagione da un fiale, mentre con l’altra mano solleva il bordo del velo che le copre il capo. Gli dei gemelli Apollo e Artemide, con i loro archi stretti nelle mani sinistre siedono ai lati di Hera. Sulla parte posteriore è rappresentata Nike alata, la dea della vittoria; porta i capelli raccolti in un’alta crocchia. Indossa una tunica legata dietro al collo con un nastro che si incrocia in mezzo al seno, dove è fissato con un medaglione rotondo centrato da un disco in rilievo. Hera e Artemide portano chitoni ionici con doppia cinta, ma solo quello di Hera è decorato con motivi a stelle e punti.[10]
Rhyton in foggia di testa di capretto con scena Dionisiaca
(# di inventario 3199, Museo di Plovdiv, 505,05 g, 12,5 cm di altezza)
Questo rhyton ha molte delle caratteristiche simili a quello a testa di cervo. Il capretto è rappresentato con tratti anatomici molto realistici; il profilo della sclera sinistra è inciso più profondamente di quello destro. I riccioli di pelo sono rappresentati con due piccoli cerchi concentrici. Il giovane Dioniso è seduto al centro della scena. I capelli, lunghi fino alle spalle, sono cinti da una ghirlanda d’edera. La parte inferiore del corpo è coperta da un imation. Nella mano destra tiene un tirso (il bastone con intrecciati pampini ed edera); la mano sinistra è appoggiata sulla spalla di una giovane che gli cinge la vita con il braccio; entrambi portano calzature basse allacciate simili a quelle dell’affresco della volta della Tomba trace di Kazanlak. A due lati sono due menadi che reggono un tirso e un timpano, in posa estatica danzante. I nomi a lato delle teste delle figure sono Dioniso ed Eriope; quest’ultimo è un appellativo di Arianna, abbandonata da Teseo sull’isola di Naxos, dove divenne la sposa di Dioniso. Il nome potrebbe essere una variante di Erigone, figlia di Icaro, di cui si innamorò Dioniso. Come ringraziamento per l’ospitalità data a Dioniso, Icaro ricevette in dono la vite e divenne il primo uomo a produrre vino in Attica. Il culto di Dioniso è molto probabilmente di origine Trace.
Giacobbe Giusti, Power and Pathos: Bronze Sculpture of the Hellenistic World
Boy Removing a Thorn from His Foot, “The Spinario,” about 50 B.C., bronze and copper. Musei Capitolini, Rome, Palazzo dei Conservatori, Sala dei Trionfi – foto Zeno Colantoni
July 28–November 1, 2015Getty Center
During the Hellenistic period from the death of Alexander the Great in 323 B.C. until the establishment of the Roman Empire in 31 B.C., the medium of bronze drove artistic innovation. Sculptors moved beyond Classical norms, supplementing traditional subjects and idealized forms with realistic renderings of physical and emotional states. Bronze—surpassing marble with its tensile strength, reflective effects, and ability to hold fine detail—was employed for dynamic compositions, dazzling displays of the nude body, and graphic expressions of age and character.
Cast from alloys of copper, tin, lead, and other elements, bronze statues were produced in the thousands: honorific portraits of rulers and citizens populated city squares, and images of gods, heroes, and mortals crowded sanctuaries. Few, however, survive. This unprecedented exhibition unites fifty significant bronzes of the Hellenistic age. New discoveries appear with works known for centuries, and several closely related statues are presented side by side for the first time.
This exhibition was organized by the J. Paul Getty Museum, the Fondazione Palazzo Strozzi in Florence, and the National Gallery of Art in Washington, with the participation of the Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana. It is supported by an indemnity from the Federal Council on the Arts and the Humanities.
Bank of America is the National Sponsor of this touring exhibition. The Los Angeles presentation is also supported by the Getty Museum’s Villa Council, Vera R. Campbell Foundation, and the A. G. Leventis Foundation.
http://www.getty.edu/art/exhibitions/power_pathos/
Giacobbe Giusti, Defining beauty the body in ancient Greek art
26 March – 5 July 2015
Defining beauty: the Body in Ancient Greek Art at the British Museum gives visitors quite an eyeful
by Hugh Montgomery
From fitness magazines to dating apps, you don’t have to look far for evidence of our modern society’s obsession with the body beautiful. But for all the think-piece chatter, this veneration of the toned and chiselled is hardlya 21st-century phenomenon: get a load of those Ancient Greeks, as you can at the British Museum’s spring blockbuster exhibition Defining Beauty.
http://www.independent.co.uk/arts-entertainment/art/features/defining-beauty-the-body-in-ancient-greek-art-at-the-british-museum-gives-visitors-quite-an-eyeful-10123257.html
http://www.britishmuseum.org/whats_on/past_exhibitions/2015/defining_beauty.aspx?fromShortUrl
http://www.giacobbegiusti.com
Giacobbe Giusti, Bronze Sculpture Discovered in Georgia Goes on Display in Los Angeles
An ancient statue dating back to the Bronze Age and discovered in Georgia goes on a display among the ancient world’s masterpieces in Los Angeles.
After the long term collaboration of the Georgian National Museum and J. Paul Getty Museum unidentified bronze statue named Torso of a Youth dated 2nd – 1st century BC, discovered in Vani settlement, wester Georgia were available to go on a display at the exhibition in the J. Paul Getty Museum in Los Angeles.
A major exhibition named Power and Pathos: Bronze Sculpture of the Hellenistic World was open at the Los Angeles Getty Museum on July 28 and will last until November 1.
Before moving to Los Angeles, following exhibition was presented at the Palazzo Strozzi in Florence and after Getty Museum, exposition will move to the National Gallery of Art in Washington.
Other pieces which are exhibited at the Los Angeles Getty Museum are from world’s leading ancient museums, such are the British Museum in London, the Metropolitan Museum of Art in New York, the Galleria degli Uffizi and the Museo Archeologico Nazionale in Florence, the Museo Archeologico Nazionale in Naples, the National Archaeological Museum in Athens, the Musйe du Louvre in Paris, and the Vatican Museums.
The exhibition in Los Angeles is organized by the J. Paul Getty Museum, the Fondazione Palazzo Strozzi in Florence and the National Gallery of Art in Washington, with the participation of the Tuscany’s directorate general for archaeology and it represents one of the largest expositions of this kind.
National Museum of Georgia is temporary housing of the statue, but as soon as Otar Lordkipanidze Vani Museum-Reserve will finish its large scale reconstruction works in 2016 the bronze torso of a youth will be returned at the original place.
Georgian National Museum currently takes part in one of the most important international cultural event. From 14 March to 21 June 2015, Palazzo Strozzi in Florence is hosting a major exhibition entitled “Power and Pathos”. Bronze Sculpture of the Hellenistic World, devised and produced in conjunction with the J. Paul Getty Museum in Los Angeles, the National Gallery of Art in Washington and the Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, Tuscany’s directorate general for archaeology. The exhibition showcases a host of outstanding examples of bronze sculpture to tell the story of the spectacular artistic developments of the Hellenistic era (4th to 1st centuries BCE).
The exhibition hosts some of the most important masterpieces of the ancient world from many of the world’s leading archaeological museums including the British Museum in London, the Metropolitan Museum of Art in New York, the Galleria degli Uffizi and the Museo Archeologico Nazionale in Florence, the Museo Archeologico Nazionale in Naples, the National Archaeological Museum in Athens, the Musée du Louvre in Paris, the Vatican Museums and the Georgian National Museum, which represented bronze torso of a youth dated 2nd – 1st century BC, discovered in Vani settlement (Georgia).
Participation at the exhibition is due to the long term collaboration of Georgian National Museum and J. Paul Getty Museum. After the exhibition at Palazzo Strozzi, all exponents will be showcased at the National Gallery of Art in Washington and J. Paul Getty Museum in Los Angeles in 2016.
As soon as Georgian National Museum Otar Lordkipanidze Vani Museum-Reserve will finish its large scale reconstructive works, bronze torso of a youth will be returned at the original place.
http://museum.ge/index.php?lang_id=ENG&sec_id=72&info_id=13315
Giacobbe Giusti, TERRANTICA. Faces, Myths and Images of the Earth in the Ancient World
Terrantica, madre, 2800 aC,
Atene Museo dell’Arte Cicladica, Nicholas and Dolly Goulandris Foundation
Colosseo, 5 agosto – 30 settembre 2015
Since April 23, 2015 until October 11, 2015 the coliseum will host in its splendid arches an exhibition dedicated to the worship of the earth, from prehistory to the Roman Empire: Terrantica. Halfway between the human and the divine, the exhibition offers an insight on the strength of Mother Earth, told his visitors through 75 works, including ancient artifacts (statues, vases, reliefs), and contemporary photographs with the theme antiquity, the sacredness of the magic of the Earth. – See more at: http://www.colosseo-roma.com/events/colosseum/exhibition-terrantica-colosseum/en#sthash.NG4pIzTY.dpuf
http://www.colosseo-roma.com/events/colosseum/exhibition-terrantica-colosseum/en
http://segnalazioni.blogspot.it/2015/05/la-rassegna-della-stampa-di-oggi-sara_10.html
Giacobbe Giusti, Ancient bronze sculptures comes to Getty Museum
The Pompeii Apollo”
Kenneth Lapatin, associate curator at the J. Paul Getty Museum, gestures toward a sculpture which is part of the “Power and Pathos: Bronze Sculpture of Hellenistic World” exhibit in Los Angeles, Monday, July 27, 2015. (AP / Nick Ut)
LOS ANGELES — It’s almost as if the dozens of exquisitely detailed, often perfectly intact bronze sculptures on display at the J. Paul Getty Museum disappeared into an ancient witness-protection program — and decided to stay there for thousands of years.
“Power and Pathos: Bronze Sculpture of the Hellenistic World,” which opened at the museum Tuesday, brings together more than 50 bronzes from the Hellenistic period that extended from about 323 to 31 B.C.
Many of them, like the life-size figure of an exhausted boxer, his hands still bandaged from a match, brow cut and bruised, are stunning in their detail. So is the “The Medici Riccardi Horse,” a horse’s head complete with flaring nostrils and a detailed mane. “Sleeping Eros” shows an infant sprawled out sound asleep on a pedestal. One arm is draped across the child’s chest, his tousled hair in gentle repose.
Perhaps even more stunning, however, is the fact that any of these things survived.
Thousands of such beautifully detailed bronzes were created during the Hellenistic Age. Larger works were assembled piece-by-piece and welded together by artisans working in almost assembly line fashion and displayed in both public places and the homes of the well to do.
But most, say the exhibition’s co-curators, Kenneth Lapatin and Jens Daehner, were eventually melted down and turned into something else like coins.
“We know Lysippos made 1,500 bronzes in his lifetime, but not one survives,” Lapatin said of the artist said to be Alexander the Great’s favourite sculptor. “They’ve all been melted down.”
To this day, roads, fields and other public places across Greece and much of the rest of the Mediterranean are dotted with empty stone bases where bronze statues once stood, added Daehner during a walk-through of the stunning, hilltop museum ahead of the exhibition’s opening.
Which is why you rarely see more than one or two when you visit most any museum, said J. Paul Getty Director Timothy Potts.
The nearly 60 that will be on display at the J. Paul Getty until Nov. 1 are believed to represent the largest such collection ever assembled. They have been contributed by 32 lenders from 14 countries on four continents.
“Many of these are national treasures,” Potts said. “They are the greatest works of ancient art that these nations possess. So it’s been an extraordinary act of generosity for them to be lent to us.”
Many are completely intact, so much so that several still have their eyes, made of tin and glass. The result, they can stare right back in eerie fashion at museum visitors who go to check them out.
That they survived was in most cases the result of simple good fortune on their part, if not their owners’.
“It’s only through shipwrecks, through being buried in the foundations of buildings, being buried by a volcano at Pompeii or landslides that most of these pieces have survived,” said Lapatin.
“Herm of Dionysus,” for example, was believed to have been commissioned by a wealthy Roman homeowner. The detailed work of a bearded man with hat and animated eyes was found in a shipwreck off the coast of Tunisia in 1907.
The sculpture of an athlete raising an arm in victory was uncovered in the Adriatic Sea by Italian fishermen in the 1960s.
“The Pompeii Apollo” was discovered in 1977 in the dining room of a house in Pompeii that had been buried by the volcanic eruption of Mount Vesuvius in 79 A.D.
It is believed to have been used, in a very ungodlike fashion, to hold the room’s lights. That’s something that inspired Lapatin to refer to it as the equivalent of a modern-day lawn jockey.
The exhibition featuring it and the other pieces was organized by the J. Paul Getty Museum, the Fondazione Palazzo Strozzi in Florence and the National Gallery of Art in Washington. It opened at the Palazzo Strozzi earlier this year. After it leaves the Getty, will go on display Dec. 6 at the National Gallery of Art.
It will also be the subject of study when the 19th International Congress on Ancient Bronzes convenes in Los Angeles in October.
http://www.ctvnews.ca/entertainment/ancient-bronze-sculptures-comes-to-l-a-s-getty-museum-1.2490939
Giacobbe Giusti, Power and Pathos at the Getty Museum
The New York Times
More than 2,000 years ago, artists of ancient Greece and Rome created sculptural representations of human beings that remain as striking for their anatomical and psychological realism as anything produced by Western artists since. The public does not often get to see many masterpieces of that time and place together, so “Power and Pathos: Bronze Sculpture of the Hellenistic World” at the J. Paul Getty Museum (and traveling to the National Gallery of Art in December) will be a once-in-a-lifetime opportunity for comparing and contrasting. The exhibition convenes more than 50 ancient bronzes from the Mediterranean region dating from the fourth century B.C. to the first century A.D. Among them is the famous “Terme Boxer” from the National Roman Museum, a nearly life-size representation of a muscular, bearded athlete seated in a state of exhaustion, his face bruised and bloody, his head turned to his right as if to ask his coach for advice or to plead with the gods for relief from his barbaric plight. (310-440-7300; getty.edu)